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lunedì 30 marzo 2009

scirocco sul canale..in risposta a chi scrive su vanity fair


Sabato notte, domenica mattina. Casa al mare. Scirocco.

Dopo aver passato il sabato notte con alcuni amici ad una festa(per la verità non molto riuscita) in un locale ad una ventina di chilometri da casa, Matteo decise che non era ancora troppo stanco per andare a letto.
Prese la sua auto (come sapete non è più la golf delle avventure romane) convinto di trovare ancora gente ad un altra festa a marina.
Evidentemente non era così, tutto buio e gli organizzatori della serata che smontavano l'amplificazione. Aveva sbagliato festa, per la seconda volta!

Approfittando di quella inattesa quiete, si spostò nei luoghi a lui più cari e consueti nelle notti d'estate, quegli stessi tristemente noti in questi giorni per i cani randagi e tutto il resto( di cui provo orrore e sgomento al solo pensiero). Fu invaso da sentimenti contrastanti, tra il piacere di godere di un'alba rossa , e la tristezza al pensiero di quello che a pochi chilometri da lì era accaduto appena 15 giorni prima(per la cronaca dei randagi hanno assalito un bimbo uccidendolo nella prima domenica di sole, proprio tra marina e sampieri).

Aveva letto un articolo su internet che traendo spunto dai randagi assalitori sosteneva la teoria di una deriva horror decadentista che sarebbe partita proprio dalla provincia di Ragusa e avrebbe colonizzato tutta l'Europa.
Ripensava a queste parole e non poteva credere che qualcuno le pensava veramente.

Sarà che la notte appena trascorsa pareva non voler finire(forse il ritorno dell'ora legale, scombinava il suo sonno), si concesse un lungo giro in macchina lungo questa “provincia orrenda”.
Arrivò a Scicli e i ricordi in piazza andarono alla festa del Gioia, al folklore che si sposa con il religioso barocco; da lì il pensiero andò a Modica, Ragusa, Giarratana luoghi dove la parola presepe vivente diventa reale e non una surrogata rappresentazione evangelica.
Arrivò fino a Scoglitti prima di rientrare a casa, attraverso distese di terra e serre, e pensò a tutta quella gente che ci lavora, emigrati per la maggior parte, pensò ai piccoli comuni di Acate e Santa Croce(tra i comuni con la più alta densità di stranieri in Italia) dove il raggiungimento dell'integrazione non è un'utopia da leggere sui giornali, o da suggellare a colpi di ronde, ma il risultato di vite che lavorano e si confrontano, di bambini alle elementari in classi multietniche, di gente che ci prova giornalmente, contro le diffidenze,l'ignoranza, la cattiva informazione, le comprensibili paure.

Rientrò alla sua casa di mare, fermandosi prima sul lungomare. La mattina incombeva minacciosa sul suo sonno, ma non voleva perdersi lo spettacolo del sole che sorge sul quel mare ebbro di scirocco.
Dopo tutte le volte che l'ho perso o l'ho sognato, pensò.

Del suo rientro in provincia dopo gli anni nel continente, iniziava a farsi un'idea precisa.
Paghiamo la periferia, ma ormai il mondo è globale.
Internet, la televisione, le opportunità di studiare diffuse, rendono la gente di questa provincia come molte altre in Italia e in Europa, non posso rassegnarmi inerme alle parole di quello scrittore.
E’ vero c’è tanto da migliorare, e se penso che quasi tutti i più brillanti tra i miei coetanei sono dovuti andare da qualche altra parte per continuare a brillare, sale lo sconforto(mille volte ho considerato tanto una fortuna quella di aver studiato fuori, quanto una iattura il fatto che nessuno da fuori studi nelle nostre università; dimostrando quanto anche economicamente sia buona la condizione di molte famiglie, ma ancora limitate le potenzialità di questo lembo di Italia) credo che una classe dirigente incompetente e poco lungimirante continua ad agire impunita. Ma lo avevo messo in conto. Sono tornato per “fare cose”, continuò a ripetersi fini allo sfinimento.

Ripensò a tutte le estati a Sampieri a tutti gli amici che ha ospitato (e che ospiterà in futuro), che sempre si sono sentiti accolti e integrati, da una provincia che è terra di confine, ma sa essere anche centro propulsore di una Sicilia diversa.
Una Sicilia in cui esistono realtà economiche importanti, in cui un centenario modello di sviluppo scolastico e culturale ha prodotto grandi ingegni e menti ispirate.
Una Sicilia in cui si è sempre vissuto da isolati nell'isola, tanto da (con orgoglio dico) guadagnarsi l'appellativo di provincia “babba”, dove certi meccanismi mafiosi non hanno attecchito come in altre zone, dove il pluralismo politico e democratico è stato garantito da un PCI con le percentuali più alte del sud Italia, dove i sapori gli odori i profumi sono quelli che tutti riconoscono come sani e genuini, rimpianti da molti.

Una Sicilia dove la morte di un bambino di nove anni sarà pianta a lungo, non sarà dimenticata. Ma la stessa Sicilia dove quella morte potrà ricevere giustizia se tutti converranno di non fermarsi alla apparenze, di non credere a “bravi” scrittori in vena di polemica ed in cerca di popolarità, dove non ci saranno Saviano contro nessuna "Gomorra",
ma dove nessuna "sicilian tragedi" , farà perdere la sua identità di terra ospitale.


Dovrei scriverle queste cose, pensò Matteo, anche se non sono bravo come lui con le parole.
Così si congedo da quell'alba sul canale di Sicilia.

le parole sono una chiave, ma il silenzio è un grimaldello

Diffidate dai Cappellani...

raffio (in silenzio, ma a testa alta) ritornato in provincia

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