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martedì 30 marzo 2010

di H&B, di Torino non ancora leghista, e del fascino indiscusso del camice bianco

Capolavoro senza tempo per un paio di generazioni di giovani italiani, argomento sempreverde per due risate nelle chiacchiere da bar, e limpido esempio della a) totale e completa follia che giace latente all’interno di ogni cervello giapponese e b) totale e completa incomprensione di gusto tra i ragazzi (che lo amano) e le ragazze (che lo odiano tanto da preferirgli l’emo-core Mila e Shiro, Due cuori nella pallavolo), l’immaginario di Holly e Benji ha condizionato la mente di ogni ragazzo italiano nato tra il ‘78 e l’88. E ci ha insegnato tutta una serie di lezioni subliminali che, per quanto assurde, hanno un che di vero.



Se ti alleni sodo migliori

Forse il valore più solido insegnatomi da H&B è quel senso di nobiltà d’animo e di etica iper-protestante al lavoro che sta alla base di parecchi cartoni animati del Sol Levante. Come ha fatto Oliver Hutton a diventare un campione? Semplice: portandosi un pallone OVUNQUE e palleggiando COSTANTEMENTE dalla mattina alla sera. Ricordo ancora quando, da seienne, pensai per la prima volta che se solo fossi andato a dormire con un pallone da calcio e avessi palleggiato fino a scuola tutti i giorni sarei riuscito a diventare un fenomeno che quando tira la palla si piega indietro su una gamba a novanta gradi, tirandone una su verticalmente dietro di sè come un Ricky Martin qualsiasi, e quando la impatta lo fa con tale forza che la palla si piega attorno al collo del suo piede e diventa ovale. E poi, se pure quella ciofecha mostruosa di Bruce Harper è riuscito a diventare forte verso il terzo campionato, potevo diventarlo anch’io. Quindi ho iniziato ad allenarmi regolarmente e dopo un po’ mi hanno preso come terzino in una squadra di pulcini. Poco dopo però capì che non sarei diventato un campione, ma siccome il calcio mi piaceva lo stesso, diventai arbitro. Deve essere stata colpa di H&B senza dubbio.

È sempre meglio fare le cose in due (Le ragazze si ricordano solo le cose acrobatiche)

Ah, i Gemelli Derrick. I due attaccanti della Hotdog (qui fra l’altro urge aprire una parentesi riguardo i nomi delle squadre di H&B scelti dai doppiatori italiani, i quali si meriterebbero un approfondimento tutto loro. Newppy? Muppet? Hotdog? Mambo? Norkfolk? sono responsabili di forse l’unica cosa di Holly & Benji, Due fuoriclasse che anche le ragazze si ricordano: la catapulta infernale. Francamente, non c’è niente da dire. La catapulta infernale era una figata pazzesca. Una volta ho provato a farla con un mio fratello. Risultato tre punti di sutura sotto il mento. Fine del pezzo.

Non importa quanto sei forte, importa quanto poco ti infortuni


Quello qui a fianco è Julian Ross, senza dubbio il mio personaggio preferito di H&B. Julian Ross, capitano della Mambo FC, è “tecnicamente il più forte talento del Giappone, è un grande leader e segna goal importanti”, ma “è affetto da una brutta malattia al cuore che gli impedisce di giocare molte partite”. E chi si scorda quei svariati momenti quando Julian stava per vincere la partita ma poi l’immagine si fermava bruscamente, e tutt’a un tratto tutto diventava bianco e nero, a parte una righetta rossa che andava dritta sul cuore del saggio e compassionevole Julian, e la musica diventava un violino straziante sopra il rumore di un battito cardiaco irregolare, dopodiché l’immagine tornava e colori e riprendeva, ma Julian si accasciava a terra e non poteva continuare la partita? E quante volte la Muppet ha segnato contro la Mambo solo perché Julian era in panchina, a cercare di dare confidenza e sicurezza ai suoi compagni di squadra, smarriti come degli agnelli nelle grinfie del perfido Mark Landers? Onestamente, penso di aver iniziato a mangiarmi le unghie per colpa di Julian Ross. È colpa sua se ho colto tutto il discorso esistenzialista sulla morte e sulla caducità della vita umana a nove anni. In pratica, Julian Ross mi ha insegnato che a volte succedono delle cose terribili alle persone buone, per nessuna ragione. Così. Perché Dio è morto.
Se vi sembra che stia esagerando, considerate che stiamo parlando di un bambino che più o meno in quegli stessi anni si operava a cuore aperto in una clinica della Torino (non ancora leghista), lontano 2000 kilometri da casa. Capite bene che l'identificazione veniva naturale.



Julian poi aveva una fidanzatina


e poi Julian aveva la ragazza.

Probabilmente non sarà uguale per tutti, e certamente le dinamiche tra maschi e femmine saranno differenti, ma arriva un momento in cui ti accorgi dell'altro sesso.

Se ne può leggere in molti saggi e romanzi, il difficile è individuarlo.


-quando arrivano le ragazze...

nel mio caso successe una notte di 24 anni fa. Ero a Torino, ero stato appena operato a cuore aperto, ero intubato, morto di sete e probabilmente anche un pochetto spaventato.

Sala rianimazione, senza genitori, senza fratellini, senza giocattoli e senza holly e benji appunto... non era l'inferno ma poco ci mancava.

In realtà insieme al compagno di stanza, nel periodo del ricovero, riuscimmo ad ottenere di poter almeno vedere H&B, e il tutto sembrava meno duro, ma la sala rianimazione temo non fosse dotata di tv via cavo.


Ero monitorato da tutta un'equipe medica di primissimo ordine, tra le migliori d'europa nella metà degli anni ottanta.

C'era poi un'infermiera, ragazzona americana che nel mio immaginario ancora oggi si chiama Ellen.

Ellen era alta, carnegione chiara e capelli neri. Aveva un taglio corto, modernissimo per gli anni ottanta italici (sarà per questo che mi piacciono sempre un sacco le ragazze coi capelli corti).

Ed ovviamente aveva gli occhi BLU. Blu vertigo avrei imparato qualche anno dopo, così profondo che manco il mare a gennaio ti fa più paura.

Era la mia preferita, e non solo perchè impietosita mi aveva più volte baganto le labbra con dell'acqua, ma indubbiamente perchè era la più sorridente (avevo già capito come funzionava il giochino a 7 anni). Sarà stato grazie alle sue cure, o al fatto che volevo velocemente tornare a vedere come finiva l'ennesima sfida fra holly e mark lenders, che nel giro di poche ore ero di nuovo in piedi , senza tubi, potevo bere e conquistare definitivamente il cuore di ellen.

Il fatto che avesse circa venti anni più di me, al momento non mi sembrava un problema, e iniziai a parlarle da uomo. Il fatto che a distanza di tempo, quel modo di parlare mi sembri ancora il migliore, dovrebbe farmi nascere dei dubbi sulla mia condizione di single attuale, ritengo però essere solo una paranoia. Non credete?!


Fatto sta che io uscì da quella sala rianimazione, da conquistatore.

Avevo visto uscire altra gente, da quella stanza verde chirurgia, e quasi tutti, un po' ammaciati se non addirittura in barella.

Per me era diverso, ero in braccio ad ellen che da quella posizione mi sembrava ancora più alta di come in realtà fosse, perfetta visuale per subirne (ancora ignaro forse a quell'età) il fascino indiscusso del camice bianco su delle curve ben proporzionate (del resto ancora oggi, ma pare sia il massimo della sensualità mista ad immaginario collettivo da sexycommedia anni '70).

un altro grande insegnamento della serie H&B era infatti che per quanto fosse prevedibile che stava per concludersi bene per Holly e i suoi, la puntata non era per questo meno interessante. abbiamo imparato che per le cose belle, non serve la suspence.

Ero felice, forse avevo vinto. Era per quello che braccia al cielo, ridevo, e non dovevo aspettare ventisette puntate di bim bum bam(come accadeva per le partita di Holly) , per saperlo.

alè



mercoledì 1 luglio 2009

in requiem for saveria


la storia.
Matteo aveva acquistato saveria nel maggio del 2004. una mattina come altre, prima del solito giro che prevedeva facoltà, mensa di via dei martiri e tappa alla bottega del gelato. lo aveva fatto davanti la mensa da alcuni tossici, che gliela svenderono a 20 euro(tra l'altro il suo coinquilino era convintissimo che si sarebbero accontentati di 15). era stata la prima volta che si serviva (per così dire) da loro, in quanto ne riscontrava un disvalore. praticamente era come autorizzare un furto su commissione(in pratica i tossici per procacciarsi un po' di spiccioli, rubano le bici agli studenti che poi se le ricomprano, alimentando un giro economico di cui i primi a beneficare sono gli spacciatori, primi interlocutori aconomici dei suddetti). se proprio bisognava rubarle che si facesse in proprio, almeno si evita di incrementare certi mercati!
il fatto è che nel giro di pochi mesi, a matteo gli avevano già rubato due bici, e siccome la primavera era ormai esplosa, non gli andava molto di farsela a piedi su e giù per i lungarni.
Amen, si era detto, magari mi ricompro una delle mie, pensò.
il battesimo del nome avvenne una sera, dopo il concerto di bobo rondelli (cantautore livornese sconosciuto ai più, purtroppo). l'aria romantica di quel giugno e di quel concerto gli fece pensare che se avesse dato un nome alla sua bici, avrebbe avuto più valore.
Saveria. citando una celebre scena da "non ci resta che piangere", in cui per l'appunto troisi sulle spalle di benigni fa finta che fosse una cavalla! e omaggiando xavier zanetti, capitano dell'inter (perchè erano tempi in cui il pallone c'entrava sempre).
fu un periodo esaltante, in cui saveria non ebbe nessun tipo di problema, fatta eccezione per un paio di forature e per un freno nuovo.
lasciata pisa, matteo lasciò saveria, ma non era un addio.
appena ne ebbe la possibilità, la portò a roma, e lì in breve da regina dei lungarni saveria divenne la signora della prenestina!
partito in sordina l'utilizzo di tale mezzo non ritenuto (erroneamente badate) idoneo ai percorsi misti e trafficati della capitale, ebbe un notevole incremento dopo la critical mass del 2008. da lì in poi, una nuova coscienza ciclistica spinse matteo ad un uso sempre più assiduo.
ed ebbero ancora momenti di gloria. così come nel periodo toscano anche in quello romano divenne compagna fedele, novella ronzinante abbattè per lui i mulini al vento delle lunghe distanze di cui la città eterna soffre.
come sappiamo Matteo lasciò roma di lì a qualche mese, e decise di regalare saveria. confidando nelle cure di un nuovo padrone.

30-06-2009
matteo a lavoro davanti al pc, inizia la sua quotidiana routine fatta di hbgconnex, facebook e corrieri vari. era già abbastanza scosso dal deragliamento nella stazione di viareggio, quando squilla il suo telefonino. la soneria è "Consequence.1" dei notwist, questo poteva preannunciare due sole cose: la sveglia, o Giulia.
fatto salvo che era già sveglio da circa tre ore, non restava che l'altra possibilità. che fosse lei in realtà, non ne fu del tutto certo( erano mesi che non si parlavano al telefono) finchè non vide scritto quel nome sul display del suo celluare di fabbricazione finlandese.
sapeva che ci doveva essere sotto qualcosa a quella chiamata, ci rimase di stucco quando giulia gli annunciò il furto di saveria. lo disse con una voce che non nascose dispiacere vero. matteo pensò che fosse molto bello e sincero, ma incastrato anche dalla presenza dei colleghi in ufficio, non si dilungò molto nella conversazione, incoraggiò giulia a prendere un'altra bici in fretta, e salutò svelto.
fu dopo un po' che si rese conto di essersi un po' intristito. gli dispiaceva per la bici in sè ( i ricordi di tutti i concerti a cui l'aveva portato, o le partite di calcio, o gli aperitivi, o la mattine al bowling), e si dispiaceva anche che quel furto rompeva un piccolo legame, che si era creato dal momento che aveva deciso di lasciarla a lei ( imponedo per altro il divieto assoluto di cambiare nome, saveria era e così doveva rimanere).
saveria era stata rubata, un altro po' del matteo di prima, stava cambiando.

roma 2011
camminava per le vie di san lorenzo, appena uscito dalla facoltà di psicologia, dopo aver assistito alla laurea di sua cugina. la vide. indistintamente era lei, saveria.
come per il destino tornata nelle sudaticce mani originarie di un tossicodipendente, abituale mndicante della piazzetta nuova.
spinto da un fervore filantropico, provò a convince il nuovo possessore ad una transazione veloce e conveniente, ma stavolta non andò come aveva sperato.
è proprio vero che non ci son più le droghe di una volta!



in requiem for saveria ps: questo racconto è dedicato alla bicicletta più glorioso che abbia mai avuto. ai suoi piccoli problemi di cambio e di catena, a quei suoi inconfondibili parafanghini lenti e i molesti rumori che ne derivano sui sanpietrini. a quella volta che da pisa ci andai a cascina per una partita di torneo, per il concerto di nick cave, per i sabato mattina al bowling roma, per la critical mass 2008, per Giulia quella volta che si ruppè il moveimento centrale di riotrno dal circo massimo, e per ogni altro che mi ha visto sfrecciare sulla prenestina! stavolta solo raffio. alè

sabato 20 giugno 2009

La domenica è rosso



Dopo un sabato sera passato come tanti, ma senza nessun picco di entusiasmo (diverso invece il giudizio sulla giornata in generale in cui si è goduto di un gran mare!), ci si preparava per questa domenica di prima estate.

Matteo si svegliò sereno, a casa era solo che la famiglia si era già fiondata fuori città.
Fece colazione con della frutta e sfogliava come al solito le pagine del televideo, più come un gesto naturale che consapevolmente.
Oggi non sarebbe andato al mare(nonostante la calura del mezzodì lo facesse pentire un po'), lo avevano invitato ad un' “arrustuta”, che nell'era di social network è diventata un evento. Ormai nulla è come una volta, o forse lo è, ma dargli un nome alla moda contribuisce alla riuscita di una cosa. E siccome fare cose, farle riuscire in questo lembo di Sicilia non è del tutto scontato, e Matteo è tornato per fare cose, vada pur bene un po' di sano marketing, che son tempi in cui bisogna sapersi vendere.


L'evento (che lo è stato davvero un grande evento) è stata una domenica come poche.
Per Matteo era una gioia dal sapore antico, che richiamava alle grigliate domenicali in famiglia.
accompagnate da quel grido del padre: “carne carne carne”, che rievoca il piacere stesso del convivio.
Matteo pensava che era ancora tutto come allora. Il piacere di mangiare carne arrostita non era stato scalfito dal tempo, né tanto meno della consapevole dignità che nel tempo aveva attribuito a chi per scelta non mangia carne, che pure rispettava (come dimenticare la cene vegetariane con lisa ai tempi dell'università, il tofu,il farro, o le infinite discussioni con la sorella). E a quel gusto dava il sapore della festa!

Lo aveva riscoperto nel periodo di romana sua vita "arrostendo i giardinetti" e ormai sapeva che non avrebbe più potuto confonderlo. la gioia è grasso che cola!
Carne arrostita a ripetizione sul braciere, musica di vario genere e di molti bit. Amici, conoscenti, sorrisi e gavettoni. poteva essere una giornata di mare, per tutti è stata una domenica indimenticabile.
in tutti al tramonto la soddisfazione era tanta, ma le forze davvero all'osso.



La stanchezza però non lo fece desistere da una promessa (più con se stesso, che con lei).
Era la sera dello spettacolo di danza.
Matteo aveva una certa esperienza in fatto di saggi, palestre, ballerine di sei anni in miniatura e quant'altro.

Uno dei ricordi più piacevoli e remoti è appunto legato al primo saggio di sua sorella. in scena "cenerentola". in particolare ricorda dell'esibizione estiva al mare, della madre che faceva da spola tra sampieri e marina con una macchina carica delle ragazzine più belle della spiaggia.
Anni dopo, forse ad una festa di carnevale, Matteo ballò per tutta la notte con quella che era stata la cenerentola di quel saggio di danza...ripensando a quella cosa,in lui crebbe l'autostima!
alè
Più recente e meno nostalgico degli anni andati, ma altrettanto vivo ed importante è tutto quello che è legato alla messa in scena da parte di sua sorella e di alcuni suoi amici dello spettacolo su fellini...
è stato come essere parte della compagnia per Matteo e per la sua famiglia, e quell'estate di certo ha capito che sua sorella era fatta per quel mondo lì.
la vide bellissima, e spesso si rammarica di non poterla vedere ballare più spesso...mannaggia!

Matteo era seduto in settima o ottava fila,a malapena vedeva il palco, ma la distinse benissimo mentre danzava vestita del vento.
Tecnicamente non sapeva dare un giudizio ma l'espressività di quella ragazza lo convinceva sempre di più. del resto al loro primo incontro, fu proprio l'intonazione di quel sorriso, a stonare con il tutto il resto.
Marta come sempre le apparve bellissima, ed appena lui incrociò il suo sguardo, la testa gli tornò subito chiara...

tornando a casa Matteo, ripensò allo spettacolo e alla sua giornata.
chiudendo la portiera dalla sua auto mormorò: "che è bello che la domenica sul calendario sia ROSSO".


alè

giovedì 4 giugno 2009

il vulcano eiffel


La prima cosa che aveva visto a parigi era stata la torre eiffel.
Simbolo di un'intera città a dispetto di mille altri capolavori dell'architettura mondiale, e di mille suggestioni fatte di film,foto e cartoni animati.
La vide e rimase subito di stucco. poi ebbe come la sensazione che fosse più piccola del previsto, e quasi fu deluso.
Intanto intorno migliaia di scatti e flash in tutte le lingue del mondo, e quell'impalcatura di metallo che lo attraeva quasi fosse una calamita.
Decise di salirci e da li sopra la testa fu subito più chiara, quasi fosse quello il suo posto.
Da sempre.

Nello stesso momento in cui Matteo raggiungeva la fermata della rer per la torre eiffel, Giulia beveva la sua prima birra all'ombra del vulcano.
Minaccioso e austero, le sembrava avesse però un chè di protettivo, e davanti a quel tramonto di fronte al mare, si sentiva bene. Pensò a Matteo, per un istante breve ma intenso, ma il senso di piacere non venne disturbato da quel flashback, anzi quasi ne beneficiò.

Matteo da sopra la torre, si rese conto delle dimensioni di parigi, fece il punto sulla cartina di quello che avrebbe dovuto vedere il giorno dopo, e quasi riuscì ad orientarsi nel percorso immaginario che dal sacro cuore lo avrebbe portato a notre-dame passando per i campi elisi. Percepiva che quella città sconosciuta non lo era poi così tanto. Aveva sentito una volta che Parigi è un po' la somma di tutte le città, iniziava a sospettare che quella non fosse una pura provocazione.
Era come se ci fosse già stato, e sapeva che ci sarebbe tornato. Parigi sapeva di storia, o meglio di quella storia che in mille giri lungo lo stivale non aveva mai incontrato. Teorizzava che Parigi avesse precisamente quello che mancava in Italia. Poi non si sa bene come (considerando il XIX secolo francese ) sia potuto succede che rossellini e fellini fossero italiani, ma insomma il bel paese riprende quota. Tutto quello che manca comunque nell'arte, nella cultura, nella storia in generale...cercatela a Parigi, la troverete!
Iniziava a tramontare e davvero pensò che fosse una città molto romantica al di là di ogni luogo comune. Lo avrebbe pensato altre volte durante la sua breve vacanza, e quasi sempre sforzandosi di pensare a Marta.
Non gli riusciva un granchè bene però, perchè si accorse che in fondo non sapeva molto di quella ragazza, e ogni volta che cercava di immaginarsi cosa stesse facendo, si arrendeva sconfitto, e l'unica cosa cui bramasse risultava un birra fresca, da sorseggiare in quel luogo tanto particolare. Pensò che gli sarebbe piaciuto smezzarla con Giulia, e fece male un po'.

Al mattino corse a vedere i pescatori sulla spiaggia che sbrogliavano pesci e speranze dalle reti, e i bambini sceglievano i gamberi rossi sulla sabbia nera: quelli più grandi in un canestro, quelli più piccoli in un altro.
Erano gesti veloci ed eterni, e a Giulia sembravano una cosa magica.
Sapeva di essere al cospetto di un gigante buono, a cui piace spaventare i visitatori occasionali. Capiva che il vulcano era il cuore di quell'isola, un cuore vecchio che ogni tanto ha un sobbalzo, ma tutto risolve in uno sbuffo di roba bianca e nera che viene fuori dalla bocca in alto e in qualche sasso in più che rotola giù.
Si rese conto di trovarsi davanti ad una cosa grandiosa e unica che sembrava essere scappata fuori dal " Viaggio al Centro della terra " di Giulio Verne.
Erano passati mesi dall'ultima volta che aveva sentito Matteo, e adesso immersa in quel panorama, che era il suo, le sembrava che la voce di lui rimbombasse, dalla risacca delle onde, al fruscio del vento.

Passarono i giorni a Parigi, e Matteo di corsa cercò di assaporarne i sapori e di memorizzarne i colori. Fu una scheggia impazzita, soprattutto negli ultimi giorni. Le ora non gli bastavano più.
Preso dalle novità della città non ebbe il tempo e il modo di avvilirsi in altri pensieri nostalgici. Stava trascorrendo quelli che tutti definirebbero una piacevole vacanza.
La sera prima di partire trascorse una piacevole serata con alcuni vecchi amici dei tempi dell'università.
Tempi in cui si "compravano treni" e si vincevano i mondiali. sembra un verso di una canzone di venditti, ma più o meno andava così sul serio.
Vide insieme a loro la finale di champions.
Ancora una volta con quei ragazzi condivideva un momento di rilevanza calcistica non indifferente. Iniziava temere che la cose non fosse casuale, che davvero ci fosse un collegamento fra il calcio e la filosofia, ed evidentemente Baggio era una specie di Platone moderno.
Dovrei chiederlo ai ragazzi (che oltre che serieTV-dipendenti sono pure studiosi di filosofia), pensò Matteo aspettando la metrò.
Fu in quel momento che pensò che quella finale era appena stata giocata a Roma e che era solo 11 mesi fa che lui in quella città non si sarebbe fatto scappare nulla, figuriamoci una finale di champions. A quel periodo della sua vita brindò in metro con la birra che aveva acquistato mentre aspettava.
Prima di rientrare a casa decise di congedarsi dalla vacanza rendendo omaggio al simbolo della città, che in fondo lo aveva accolto cortesemente.
Si sedette proprio sotto la torre di metallo.
Certo che senza l'effetto scenografico delle luci non è poi sto granchè, sogghignò nazionalista.
Fu in quel preciso istante che la torre eiffel gli apparve come un vulcano oblungo, tecnologico, moderno.
Sarà per questo che mi pare familiare, smise di sorridere, bisbigliandolo.
Pensò alla sua terra, al suo mare, alla pausa pranzo in spiaggia con Marta, del venerdi prima di partire. Si rammaricò molto di aver finito la birra, adesso il brindisi era doveroso!

Giulia rientrando in città si portava dietro un'energia che pensava non potesse avere.
Buttò subito giù alcune buone idee per un lavoro su cui stava lavorando.
Non sapeva nemmeno lei da quanto non le capitasse, ma sentiva che le cose sarebbero andate bene.
Si stupiva solo che anche l'ultima volta in cui lo aveva fatto, distintamente pensava a Matteo. Provò ad approfondire quei pensieri dentro di lei. Decise che avrebbe fatto una doccia e preferito un "pensiero superficiale che gli renda la pelle splendida", canticchiò svestendosi dolcemente.

Matteo era in volo sulle alpi, quando Giulia iniziò la seconda passata di shampoo.
In quel momento il bianco li avvolgeva entrambi.



Ps: questo racconto è dedicato ai miei compagni di viaggio in francia che non ho citato, ma ogni considerzione fatta su parigi e su tutto il resto non avrebbe potuto essere senza il confronto con ognuno di essi. GRAZIE, anche di aver accettato il bastian contrario della vacanza.
è dedicato pure a Marta, che la prossima volta ci sarà.
a Giulia e al suo shampoo alla camomilla.
alla champions league giocata all'olimpico.
agli amici rigattieraux, specie fra anni quando ci ricorderemo della primavera in cui acquistammo un treno, sbancavamo la snai e vincevamo i modiali, all'ombra di un'altra "torre".



raffieaux sicilitude paix

venerdì 29 maggio 2009

Carlo Caffarra...arcivescovo

A volte mi dico stupito. Il mio usuale rammarico post-morale, dettato da quella filologia che non smette mai di dare delle risposte, delle volte banale, altre provocatorie, oggi, ma come del resto tante altre volte, impallidisce dinnanzi alle parole di "tal" Carlo Caffarra...prima arcivescovo e poi uomo, giusto per dire che un uomo di media intelligenza non direbbe mai che la pubblicità della Renault istiga alla poligamia. 
Certo mi dico, detto da un (quasi? forse? chi? davvero?) uomo che ha scelto di tradire la propria natura di "uomo" negando la propria sessualità, la cosa mi fa davvero sorridere; ma smetto giusto un minuto dopo, quando penso che questa "falsa e assurda" morale assunta dalla Chiesa negli ultimi due anni, comincia davvero ad infastidirmi. Si perchè questi preti, pretucoli, vescovi e arcivescovi 

giovedì 23 aprile 2009

pomeriggio d'aprile


Matteo si accorse che veniva la notte. guardò l'orologio, segnava le 15,32.
decise di buttarsi a capofitto sul lavoro e di non pensare al fatto che tutti (messi duramente alla prova in questi giorni) stessero diventando metereopatici, lui compreso,
che per anni a Pisa aveva affrontato inverni piovosissimi.
cercò di preparare tutto al meglio per affrontare la giornata di domani, ma adesso pensava solo ad uscire da quell'ufficio, non aveva più voglia di stare davanti al pc.
girò un po' in macchina prima di entrare in un bar e chiedere un negroni sbagliato(così come aveva imparato nei lunghi aperitivi a milano).
sentì trasalire il cuore, quando vide Marta trafficare senza meta sul suo cellulare, appena due tavoli più in giù.
non avrebbe potuto chiedere di meglio, per risollevarsi dal cupo sentiva.
approfittando forse di quel crepuscolo in anticipo e di una brezza finalmente gradevole e primaverile (insolita per questo aprile da tregenda) riuscì a parlarle un po' .

ci aveva provato già altre volte, ma finiva sempre per doversi interrompere sul più bello.

voleva saperne di più di quella ragazza dal sorriso così coinvolgente, che una sera in un locale in riva al mare, inconsapevolmente, lo avevo fulminato.
era stato per caso. ad esser precisi, era stato per caso che lui si trovasse lì. con alcune amiche era andato ad una festa, ma in un altro posto che poi si era rivelata una noia. prima di tornare in città entrarono in quest'altro locale attirati, da alcune persone in fila davanti all'ingresso e da un discreto numero di auto nel parcheggio.
non aveva ancora preso bene confidenza con tutto quello che gli stava intorno che appena fuori dalla porta laterale, fu investito da quella spruzzata di serenità. Marta sorrise così come non gli capitava da un po', e dentro di lui sentì che non poteva essere casuale.
da quel momento il suo ritorno in sicilia gli sembrò diverso...

ordinò un bicchiere di vino per lei, e lui si affrettò a bissare il suo negroni.
le chiacchiere furono serene(la vedeva ridere tanto), e Matteo pensò che stava andando tutto bene, e che forse quella primavera che tardava ad arrivare era già di fronte a lui.
purtroppo anche stavolta, furono pochi i momenti insieme, Marta era attesa da alcuni amici per cena e si congedò, ma per Matteo fu un incontro importante. era di nuovo la "più promettente" che gli fosse capitato.
uscì dal bar un po' agitato, ma felice. appena dentro la sua auto di fabbricazione francese (che si sa che sono romantici per definizione) si stupì di quel raggio di sole. il display della radio segnava le 19,43.

il giorno era appena cominciato...


PS: per godere appieno di questa pagina di diario è preferibile vivere in sicilia nell'aprile del 2009 dopo aver vissuto per dieci anni la primavera lontano da casa, o a san pietroburgo da ottobre a marzo di un anno qualsiasi, o più facilmente ascoltare "sugar sugar sugar" di nick cave.

alè

giovedì 16 aprile 2009

Post_Bellico


premessa
Scusate, ma io non daro' neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la mia suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carita' richiede. Ma io ho deciso. Non telefonero' a nessun numero che mi sottrarra' due euro dal mio conto telefonico, non mandero' nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, ne' versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose, ne' vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no–stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E credo che questo sia il piu' grande gesto di civilta', che in questo momento, da italiano, io possa fare.
Non do un euro perche' e' la beneficienza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell'italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi pero' sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni piu' nulla. La generosita', purtroppo, la beneficienza, fa da pretesto. Siamo ancora li', fermi sull'orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l'uno con l'altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilita' accertate. I danni riparati in poco tempo. Non do una lira, perche' pago gia' le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono gia' dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l'economia del nostro Paese.E nelle mie tasse c'e' previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella.C'e' andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato – come tutti gli altri – da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n'era proprio bisogno?Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di "new town" e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: "new town". Dove l'ha preso? Dove l'ha letto? Da quanto tempo l'aveva in mente?Il tempo del dolore non puo' essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce "new town". E' un brand. Come la gomma del ponte.Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che "in questo momento serve l'unita' di tutta la politica". Evviva. Ma io non sto con voi, perche' io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle della comunita'. E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilita' su quello che e' successo, perche' governate con diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia. Voi siete per una solidarieta' che copra le amnesie di una giustizia che non c'e'.Io non lo do, l'euro. Perche' mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perche' io devo uscire questo euro? Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po' dei loro risparmi alle popolazioni terremotate.Poi ci fu l'Irpinia. E anche li' i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come e' andata. Dopo l'Irpinia ci fu l'Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente.Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima?Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L'Aquila in realta' era un albergo, che un tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo.Ecco, nella nostra citta', Marsala, c'e' una scuola, la piu' popolosa, l'Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che e' un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d'affitto fino ad ora, per quella scuola, dove – per dirne una – nella palestra lo scorso Ottobre e' caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C'e' una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto.Ecco, in quei milioni di euro c'e', annegato, con gli altri, anche l'euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto.Stavo per digitarlo, l'sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che gia' era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialita' che avevano detto.Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so gia' che cosi' non sara', penso anche che il terremoto e' il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l'alibi per non parlare d'altro, ora nessuno potra' criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all'opposizione) perche' c'e' il terremoto. Come l'11 Settembre, il terremoto e l'Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto.Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre piu' rabbia.Io non do una lira. E do il piu' grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perche' rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire "in Giappone non sarebbe successo", come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know – how del Sol Levante fosse solo un' esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all'atto pratico.E io piango di rabbia perche' a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c'e' neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia.Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso. Come la natura quando muove la terra, d'altronde.

Giacomo Di Girolamo


considerazioni personali


Giacomo,

vorrei conoscerti (e mi auguro che un giorno ce ne sia occasione).

Sottoscrivo il senso del tuo pensiero,

non giustificherò mai i giornalisti disgustosamente autocelebranti del TG1, e nemmeno le così gustosamente fuori luogo vignette di Vauro,

le gaffe non svelate dal premier,le sue stesse parole di unità nazionle,

le indecenti magagne che il terremoto ha solo mostrato, ma che erano (oserei, che sono il pan dell'italia che cammina),

chi prova a bearsi dello straordinario lavoro svolto dai vigili del fuoco, dai volontari(vedete lo sto facendo anche io, incredibile!)...

mi spingo oltre, almeno un po'
io quell'euro l'ho donato.

Come molti ho mandato quell'sms,

un po' forse per far qualcosa anche io (e qui c'è la dinamica del "lavarsi le coscienze" che tu bene analizzi)ma sopratutto perchè spero che tutto sia veloce,

dal ricostruire al recuperare,

dal tornare alla normalità dei vivi al riposare in pace i morti.

e tutto ciò

nè per compassione nè per carità (potrei dire che lo sia, sarebbe comodo)

in realtà è per PAURA
paura che possa accadere anche qui e non cambierebbe nulla,

paura che possa accadere di nuovo (è già successo in fondo no?) e non cabierebbe nulla,

paura che possa esser presto dimenticato il male (di chi ha costruito, di chi ha speculato, di chi non ha monitorato nulla)

paura che rimanga di tutto ciò solo" l'italia tutta intera che s'innamora"
di questa New Town o della prossima vincitrice del grande fratello
con la stessa superficialità del nulla

ho sempre pensato che non si debba aver paura di nulla

ti abbraccio Giacomo e sono certo che quell'euro lo hai donato anche tu
...forse nel nulla


raffio "ca nun si scanta ri nenti, solo del mare" Fiore

lunedì 30 marzo 2009

scirocco sul canale..in risposta a chi scrive su vanity fair


Sabato notte, domenica mattina. Casa al mare. Scirocco.

Dopo aver passato il sabato notte con alcuni amici ad una festa(per la verità non molto riuscita) in un locale ad una ventina di chilometri da casa, Matteo decise che non era ancora troppo stanco per andare a letto.
Prese la sua auto (come sapete non è più la golf delle avventure romane) convinto di trovare ancora gente ad un altra festa a marina.
Evidentemente non era così, tutto buio e gli organizzatori della serata che smontavano l'amplificazione. Aveva sbagliato festa, per la seconda volta!

Approfittando di quella inattesa quiete, si spostò nei luoghi a lui più cari e consueti nelle notti d'estate, quegli stessi tristemente noti in questi giorni per i cani randagi e tutto il resto( di cui provo orrore e sgomento al solo pensiero). Fu invaso da sentimenti contrastanti, tra il piacere di godere di un'alba rossa , e la tristezza al pensiero di quello che a pochi chilometri da lì era accaduto appena 15 giorni prima(per la cronaca dei randagi hanno assalito un bimbo uccidendolo nella prima domenica di sole, proprio tra marina e sampieri).

Aveva letto un articolo su internet che traendo spunto dai randagi assalitori sosteneva la teoria di una deriva horror decadentista che sarebbe partita proprio dalla provincia di Ragusa e avrebbe colonizzato tutta l'Europa.
Ripensava a queste parole e non poteva credere che qualcuno le pensava veramente.

Sarà che la notte appena trascorsa pareva non voler finire(forse il ritorno dell'ora legale, scombinava il suo sonno), si concesse un lungo giro in macchina lungo questa “provincia orrenda”.
Arrivò a Scicli e i ricordi in piazza andarono alla festa del Gioia, al folklore che si sposa con il religioso barocco; da lì il pensiero andò a Modica, Ragusa, Giarratana luoghi dove la parola presepe vivente diventa reale e non una surrogata rappresentazione evangelica.
Arrivò fino a Scoglitti prima di rientrare a casa, attraverso distese di terra e serre, e pensò a tutta quella gente che ci lavora, emigrati per la maggior parte, pensò ai piccoli comuni di Acate e Santa Croce(tra i comuni con la più alta densità di stranieri in Italia) dove il raggiungimento dell'integrazione non è un'utopia da leggere sui giornali, o da suggellare a colpi di ronde, ma il risultato di vite che lavorano e si confrontano, di bambini alle elementari in classi multietniche, di gente che ci prova giornalmente, contro le diffidenze,l'ignoranza, la cattiva informazione, le comprensibili paure.

Rientrò alla sua casa di mare, fermandosi prima sul lungomare. La mattina incombeva minacciosa sul suo sonno, ma non voleva perdersi lo spettacolo del sole che sorge sul quel mare ebbro di scirocco.
Dopo tutte le volte che l'ho perso o l'ho sognato, pensò.

Del suo rientro in provincia dopo gli anni nel continente, iniziava a farsi un'idea precisa.
Paghiamo la periferia, ma ormai il mondo è globale.
Internet, la televisione, le opportunità di studiare diffuse, rendono la gente di questa provincia come molte altre in Italia e in Europa, non posso rassegnarmi inerme alle parole di quello scrittore.
E’ vero c’è tanto da migliorare, e se penso che quasi tutti i più brillanti tra i miei coetanei sono dovuti andare da qualche altra parte per continuare a brillare, sale lo sconforto(mille volte ho considerato tanto una fortuna quella di aver studiato fuori, quanto una iattura il fatto che nessuno da fuori studi nelle nostre università; dimostrando quanto anche economicamente sia buona la condizione di molte famiglie, ma ancora limitate le potenzialità di questo lembo di Italia) credo che una classe dirigente incompetente e poco lungimirante continua ad agire impunita. Ma lo avevo messo in conto. Sono tornato per “fare cose”, continuò a ripetersi fini allo sfinimento.

Ripensò a tutte le estati a Sampieri a tutti gli amici che ha ospitato (e che ospiterà in futuro), che sempre si sono sentiti accolti e integrati, da una provincia che è terra di confine, ma sa essere anche centro propulsore di una Sicilia diversa.
Una Sicilia in cui esistono realtà economiche importanti, in cui un centenario modello di sviluppo scolastico e culturale ha prodotto grandi ingegni e menti ispirate.
Una Sicilia in cui si è sempre vissuto da isolati nell'isola, tanto da (con orgoglio dico) guadagnarsi l'appellativo di provincia “babba”, dove certi meccanismi mafiosi non hanno attecchito come in altre zone, dove il pluralismo politico e democratico è stato garantito da un PCI con le percentuali più alte del sud Italia, dove i sapori gli odori i profumi sono quelli che tutti riconoscono come sani e genuini, rimpianti da molti.

Una Sicilia dove la morte di un bambino di nove anni sarà pianta a lungo, non sarà dimenticata. Ma la stessa Sicilia dove quella morte potrà ricevere giustizia se tutti converranno di non fermarsi alla apparenze, di non credere a “bravi” scrittori in vena di polemica ed in cerca di popolarità, dove non ci saranno Saviano contro nessuna "Gomorra",
ma dove nessuna "sicilian tragedi" , farà perdere la sua identità di terra ospitale.


Dovrei scriverle queste cose, pensò Matteo, anche se non sono bravo come lui con le parole.
Così si congedo da quell'alba sul canale di Sicilia.

le parole sono una chiave, ma il silenzio è un grimaldello

Diffidate dai Cappellani...

raffio (in silenzio, ma a testa alta) ritornato in provincia

martedì 24 marzo 2009

martedì 17 marzo 2009

giovedì 12 marzo 2009

Post champions crash



Premessa

La vera vita è quella che intercorre tra una delusione e l'altra.
Tra un picco di spensieratezza ed un altro. Un intervallo tra apici emozionali. Il resto sono solo eccezioni. Così vedere quella foto, che usavo come segnalibro in una lettura dello scorso anno, è stato un apice emozionale. Ora ci dev'essere il momento di stallo, per forza, vedrai che vinciamo.
E invece no, puntuale come il sole a primavera, siamo fuori.

Come un film di Michael Bay


“Grazie per esserti accodato alla serata, socio, si sa, due donne ed un uomo non vanno da nessuna parte, al primo appuntamento.”
Disse Piero, che ho appena ringraziato,sia per l'invito che per il biglietto per gli U2, per la seconda volta in un giorno.
Un ristorante cinese, immagino più orientale di Luicin a san Lorenzo, prenotato per le 20.30. Due ragazze che ci aspettano davanti al luogo di ristoro per le 20.25. Due ragazze che non ho mai visto. Due ragazze che Piero non ha mai visto, ma ha sentito via MSN.
“Con una delle due ci ho chattato parecchio, l'altra è l'amica che fa da ruota di scorta. Voglio dire, invece di stare a casa , ci facciamo due palle comunque ma vivendo un esperienza diversa.”
“Bella esperienza ah, lo sai che dopo ieri”
“Sei catastrofico, come un film di Michael Bay, che poi siete abituati a perdere in Europa”
“Non infierire tintu.”
“Piuttosto, parliamo di cose serie. Ci andiamo a luglio a Milano?
“Ma si si, decidete voi...”
“Sei pesante, come un film di Orson Welles.”
“Ma la smetti co 'sti riferimenti cinematografici? Svolta, c'è La Pagoda.”
Troviamo parcheggio. Scendo dalla macchina pensando all'imminente appuntamento, agli involtini primavera fritti nell'olio di mais ed alla foto dell'anno scorso nel libro di Saramago.
Quella foto, non so nemmeno perché ci ripenso, mannaggia a me.
“Eccole, sono già arrivate” sussurra Piero, con una certa ansia da ragazzino.
'Ma quella non è...' pensai io fra me e me.
“Sono quelle che fumano davanti alla porta.”
Non ci credo. Caschetto nero la più bassa, ci avevo provato spudoratamente qualche venerdì fa, prima di abbrumarmi di Montenegro. Una delle due ragazze è proprio lei.
L'altra è facilmente inquadrabile. Solita miss da provino del Grande Fratello; crede di stare in una città dei sogni, nel loft dell'Italia. Svegliati, sei nel cesso dello stivale, ed abbiamo pure finito la soda caustica per ripulirlo. Vabbè che c'è un bel mare, ma c'è poco da stare allegri.
Arrivati di fronte a loro, Piero si manifesta con un cenno della mano, per poi passare alle presentazioni.
Scopro con disgusto che la ruota di scorta di cui sopra e la mia ultima infatuazione sono la stessa persona (è bello avere gusti diversi con gli amici in fatto di donne!).
Al momento della stretta di mano, i suoi occhi si spostano, per una frazione di secondo, verso destra. Mi ha riconosciuto, ma facciamo finta di niente. Almeno ho scoperto come si chiama. Un nome così banale che è già uscito dalla mia corteccia cerebrale.
Decidiamo di entrare.
Un cinese, tutto ciuffo e doppiopetto bianco, ci fa accomodare al tavolo.
La formazione è la seguente: io e Piero uno di fianco all'altro, con le nostre dame sedute, rispettivamente, davanti a noi.
Piero inizia a parlare a manetta con il suo contatto di MSN, alternando battute divertenti a discorsi che richiamano questa o quella chattata o di facebook e cose così.
Nome Banale, mostrando l'insicurezza tipica delle ruote di scorta, balbetta un timido: “Allora, come va?”
Dal momento che qui non si può far finta di non esserci, impostando lo stato su “Invisibile”, sono costretto a rispondere.
“Chiedilo a mio figlio, quando ne avrò uno.”
“Tu? Vorrai avere dei figli?” prova lei con fare accomodante.
“Perché no.” taglio subito corto io.
Segue il momento delle ordinazioni.
Piero ci dà dentro, come fosse la prima volta in un cinese, prendendo antipasto, primo e secondo(assolutamente ignaro delle bombe al fosforo che ha appena ordinato). Io mi limito ai classici spaghetti di soia ed involtini primavera. Nome Banale prende solo un piatto a base di verdure, volendo fare l'impegnata nel cibo sano, nonostante una silhouette non proprio sottile. Il contatto MSN di Piero non ho idea di cosa ordini, sto pensando alla foto e non la sento nemmeno.
La cena prosegue con me che assecondo ogni discorso che Nome Banale tenta di abbozzare. Scommetto che prima o poi finiremo a parlare del tempo meteorologico, ultima spiaggia prima degli acciacchi di salute o degli aneddoti vacanzieri completamente inventati.
“Certo che per essere Marzo fa ancora freddino...”
Come volevasi dimostrare. Che ragazza prevedibile. Eppure mi piaceva così tanto qualche giorno fa.
“Potevi metterti un maglione, invece del top.”
Ammetto la cattiveria, ma la troppo fresca eliminazione dalla champions, un paio di impicci sul lavoro, e il due di picche di cui mi volevo vendicare accrescevano la mia acidità(che poi era data in larga parte dagli involtini primavera!)
“Poi al concerto avrei avuto un caldo da morire!”
Oddio. Sgrano gli occhi.
“Che concerto?”
Il chattatore pazzo, avendo captato il mio stupore, si volta verso di me.
“Socio, scusa, me n'ero scordato. Nel dopo cena si pensava di ammazzare la serata andando a 'sto concerto. Il gruppo è di fuori, qui non suona mai. Dai che ci distruggiamo. Più tardi ho pure una notizia bomba da darti!”
Non c'è mai fine al peggio, pensai, pure un'altra notizia bomba.
Se non fosse che rovinerei la serata a lui, sarei già volato via.
Questa serata finirà, prima o poi.
Mi ritorna in mente una frase che Lorenzo mi disse in una giornata passata al bowling Roma in un Febbraio di qualche tempo fa.
“Non può piovere per sempre.”
O forse era...
“Può piovere per sempre, Mattè.”
Ma non potevo starmene a casa ad ascoltare il nuovo di Elvis Perkins, oppure andare al cinema così come avevo pensato?
Magari invitavo Nome Banale...ma almeno lì avrei potuto dormire!


Questo racconto è dedicato a:



  • tutti quelli che si sono abituati a vedere l'inter fuori dalla champions a marzo, ma non ancora rassegnati

  • tutti quelli che per fortuna hanno un amico juventino che gli organizza le serate

  • tutti quelli che hanno tampinato una ragazza per tutta la sera, ma lei niente, si rifà viva solo quando siete tutto da un'altra parte

  • a tutti quelli che non tollerano il cinema di Bay, ma nemmeno quello di Orson Wells per carità

  • a quelli che odiano il cibo cinese

  • ai bevitori di amaro montenegro

  • a chi non ha mai ascoltato Elvis Perkins

  • e a chi ha una foto in mezzo ai libri

Raffio 'old trafford' Fiore

mercoledì 25 febbraio 2009

Tra le cose che scrivo per te

ascolta, il tempo che batte su ognuna di queste parole.
è la melodia che tu ti immagini sia.
ascolta e ascolta.
ferma tutto ora.
lento e lento è.
ascolta.
posso far curvare i pianeti
e tu...non puoi fare nulla.
la melodia che segui con gli occhi
ad ogni cambio di capoverso, non ti permette
di cambiare l'orizzonte che io
traccio.
ascolta.
non c'è qui una cosa che sia reale,
un'abitudine, qualcosa che conosci già
che hai saputo o creduto.
se leggi io detto la regola.
puoi fermarti...ma so che tu,
non lo farai.
e ti immagino lì, ferma così come io immagino me
ad osservare te...incauto.
ascolta e ascolta ancora,
questa musica sempre diversa che io ho scritto per te.
ad ogni sillaba corrisponde una nota e il colore,
l'intensità, la forma le decidi tu.
ascolta piano però.
io non ho colpa in questo, io ci metto solo
lo spazio...la fantasia è la tua.
guarda che bella fantasia.
sei tu, in queste frasi.
la visione che ti regali è quello che ora qui sei.
ascolta, ma non aver paura, niente qui
può andare oltre quello che senti...
è un dono che ti faccio e un dono che mi concedo.
ascolta.

(lorenzo)

martedì 10 febbraio 2009

Josè Saraiva Martins

Un cretino qualuque ospitato in questo Blog.

lunedì 9 febbraio 2009

...da laico credente

...è la nostra generazione che deve capire. uno stato laico è uno stato di diritto. uno stato laico tutela sia i laici credenti che quelli non credenti. uno stato laico è la massima espressione di una democrazia matura.

Amici, qui non si discute se ci deve essere o meno un autorità ecclesiastica, vi ricordo tra l'altro che quella cattolica non è l'unica religione esistente, ma il diritto ad essere governati dagli uomini e non da dio (NDR) per conto della chiesa. 

NDR: Dio, giusto per precisare i termini di una questione che intima in ognuno non è, non avendolo mai ne visto ne tanto meno conosciuto di persona, e sottolineo che nessuno può vantare questa cosa, non penso possa dettare una legge migliore di quella che, le persone con un libero confronto, possono plasmare sulle esigenze di un libero pensiero sociale, morale ed intellettuale.

Da Laico credente  
Lorenzo Cavallo


Eluana, cavallo di Troia dell’osceno potere

Di Eluana Englaro, crocifissa sul calvario del suo letto, non importa niente ad alcuno. E’ diventata un vessillo da issare nella guerra ignobile per assicurarsi una supremazia (Vaticano e Cei) o per rafforzare il proprio potere (governo). Berlusconi non è mai intervenuto sulla vicenda, eppure se ne parla da mesi in termini forti, ma si è sempre tenuto alla larga perché i sondaggi erano dalla parte della famiglia Englaro. Poi la svolta sulla via vaticana di Damasco.
Il Vaticano ha parlato, anzi ha chiesto (imposto?) un intervento e lui celere come un treno ad alta velocità è partito per la tangente affrettandosi subito a dichiarare che non bisogna scontentare la «chiesa». Per questo obiettivo funzionale al rafforzamento del suo governo e per accreditarsi come unico interlocutore della gerarchia cattolica, non ha esitato ad andare contro i sondaggi. Egli, infatti, è consapevole di sapere manipolare l’opinione pubblica. Ancora più vigliaccamente, non ha esitato a scaricare la responsabilità politica e morale sul Presidente della Repubblica, cogliendo l’occasione per buttargli addosso fango e ridicolizzare il suo ruolo di garante della costituzione, additandolo al ludibrio delle genti. O si fa come vuole lui, o annulla la costituzione. Non c’è altro nome per definirlo: «Alienum a costitutione»
Su tutto prevale la strumentalizzazione ignobile e immorale di una donna in coma da 17 anni e della sofferenza atroce di una famiglia che avrebbe diritto al silenzio dei non credenti e alla preghiera dei credenti. Chi li accusa di assassinio, se si fosse nel Medio Evo, accenderebbe i roghi e brucerebbe chi pensa diversamente. Sul corpo inerme e silente di una donna martire, s’intrecciano gli interessi congiunti di convergenze politiche e politico-pseudoreligiose per riposizionare il proprio vantaggio, fino al punto che il Vaticano si è schierato contro il Presidente della Repubblica («ci ha deluso»), violando così apertamente il concordato che è la vera palla di piombo al piede della laicità dello Stato italiano. Si parla di «principi», senza rendersi conto che la guerra dei principi, e la storia ne è satura, ha sempre e solo lasciato sul terreno morti e genocidi.
Oggi tutti si accorgono che togliere l’alimentazione e l’idratazione, sebbene forzate, significa compiere un omicidio. Ogni giorno in tutto il mondo, compresa l’Italia, nella più totale indifferenza di tutti, singoli e istituzioni, vediamo milioni e milioni di donne, bambini, anziani scientemente privati del cibo e dell’acqua: perché non si grida con la stessa forza e con lo stesso sdegno all’omicidio, anzi al genocidio? Perché ai negri, agli indiani, agli asiatici, ai latinoamericani, agli emigrati, ai nomadi, ai barboni, ai poveri si possono togliere alimentazione e idratazione e farli morire di fame e di sete, senza che nessuno grida allo scandalo? Perché le nazioni «evolute» per i loro interessi si accaniscono a togliere loro nutrimenti e acqua senza che nessuno li accusa di essere responsabili di stragi? Cosa c’è di diverso tra Eluana Englaro e i milioni di morti di fame e di sete sparsi nel mondo e nelle nostre città?
Berlusconi ha trasformato Eluana in un martello pneumatico per accelerare lo stupro della democrazia, togliendole il cibo del diritto e l’acqua della legalità disponendo del parlamento come della sua personale garçonnière, un lupanare all’aperto. Il picciotto che presiede il Senato ha subito risposto e si è immediatamente predisposto alla bisogna. Don Rodrigo e i suoi bravi non esitano a mandare a mare la suprema Magistratura dello Stato pur di affermare la bulimia ingorda di potere senza freno e senza legge e anche senza alcuna moralità.
Fa pena vedere la gerarchia cattolica fornicare con costui dal quale dovrebbe guardarsi perché è un insulto all’etica, alla religione e ai principi del cristianesimo. Sul corpo esangue e martoriato di una povera donna, inconsapevole, si stanno stringendo nuove alleanza politiche in vista di un futuro drammatico: Berlusconi Casini e fondamentalisti cattolici del PD quanto prima riformuleranno la loro posizione politica. Con la benedizione di papa, cardinali e vescovi. Povera Chiesa! Misero Stato!
Su Eluana nello stato in cui si trova dopo la sentenza della Cassazione, posso solo ripetere le parole del canonico Tosi sul letto di morte di Alessandro Manzoni: adorare, amare, tacere. Prego in silenzio per Eluana, e con il mio angelo custode mando una carezza al suo papà e alla sua mamma.



Genova, 7 febbraio 2009


Paolo Farinella, prete