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martedì 11 marzo 2008

Meine Zeit

(da qualche cosa scritta tempo fa)

Meine Zeit: (il mio tempo)

Non me ne voglia Thomas Mann, se mi approprio del titolo di una sua celebre conferenza.
Il titolo però non è casuale, è non lo fu neppure per lui.
La difficoltà semmai, è quella di parlare del tempo in cui vivo, senza parlare di me; consideralo un tentativo.
Non chiedermi come si ama. Non chiedermi dell’amore. Piuttosto, spiegami tu, come “non” si ci innamora. Una riflessione sui sentimenti, ben lungi dall’essere semplice, ma da tempo mi chiedo il perché, del fallimento cronico delle coppie che, anche ad una apparenza non troppo superficiale, apparivano a miei occhi come indissolubili.
Anche se l’esperienza mi guida verso ragionamenti poco improvvisati, tengo a mente quella frase che dice: “L’amore insegna, ma non si fa imparare”.
Poi tu mi parli del “dialogo” e dei tentativi.
L’amore è un sentimento finito (nel senso metafisico del termine), ha uno spazio vitale che ne delinea la bellezza, ma che ne tradisce l’aspettativa. La sua mutevolezza è tale, che la si può paragonare alle stagioni di una stella o meteora (non amo la geografia astronomica). 
La fine “prossima” che fine non è, ma che nella sua mutevolezza crea dell’imbarazzo. Sto cercando di dire che, l’amore in se, all’atto del cambiamento sostanziale (e spesso anche formale) rischia di morire senza che nessuno dei partecipanti al cambiamento, si renda conto di questo.
È l’attimo del mutare che inganna. Capire il cambiamento non è facile.
Ricordo con nostalgia le parole di Aldo Palazzeschi, quando descrive il portone con la gente morta al suo interno; eppure, nessuno pensava che fosse così. 

(lorenzo)




                                                                               

2 commenti:

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...

No CENSURE PLEASE...!